AMICI A TEATRO MA NON SOLO

AMICI A TEATRO MA NON SOLO

AMICI A TEATRO MA NON SOLO

UN POMERIGGIO DI ALTA QUALITA’

E’ un sabato sera a Cortona, uno di quei giorni di inizio febbraio in cui il paese si ripiega su stesso rimanendo solo con la sua storia e la sua pietra.

Quasi nessun turista movimenta le vie, molte attività commerciali e alberghiere sono chiuse, l’odore dei camini accesi caratterizza la solita passeggiata ammazzatempo.

Ma stasera è diverso.

E’ previsto un incontro dei componenti della compagnia del Piccolo Teatro di Cortona presso la sede sociale di via Guelfa, un appuntamento molto atteso perché i soci sono chiamati a presentare i loro scritti e a recitarli sul piccolo palcoscenico della sede o semplicemente a recitare opere già note. Un’ occasione per la piccola comunità cortonese per stare insieme, approfondire la reciproca conoscenza e confrontarsi.

Mia moglie parteciperà a questo spettacolo con un suo pezzo scritto tanti anni fa. E’ la prima volta che si cimenta in una recita davanti a un pubblico e la sua ansia cresce e mi contagia come un virus; cerco di rendermi utile come posso riprendendola mentre prova per correggere gli errori. Ma l’ansia cresce inevitabile.

Sono incuriosito; ho già assistito ad alcune rappresentazioni del gruppo presso il teatro Signorelli rimanendo colpito dall’ottimo livello della compagnia che non sembra neanche amatoriale, ma non conosco tutti e li voglio osservare “da vicino” per capire bene cosa sono in grado di “combinare”.

Vi dico subito che mi hanno sorpreso piacevolmente; ho assistito a due ore di performance di altissimo livello, ancora adesso faccio fatica ad assorbire pienamente tutto quello che mi è stato proposto per le diversità degli argomenti trattati e per le differenti capacità/abilità degli attori. Tutto questo in un ambiente familiare di persone che si relazionano con semplice e naturale facilità.

Non voglio fare una cronaca puntuale ma solo alcune considerazioni “sparse” e quindi non citerò tutti.

Gli anfitrioni dell’evento sono Ferdinando Fanfani e Vito Cozzi Lepri, il primo con un intervento generale di presentazione dell’attività del gruppo in quanto presidente, il secondo con una introduzione più tecnica, più mirata all’illustrazione del significato degli interventi che poi replicherà in ogni singola recita. E’ il padrone di casa e si avverte.

Inizia mia moglie Roberta e se la cava. Il testo è giovane e simpatico, un affresco della Roma degli anni 70, della contestazione e della vita che, in ogni caso, va avanti oltre qualsiasi moda del momento. Una crescita personale che ho sposato.

Chiara comincia descrivendo le scarpette rosa da running che usa correndo intorno a Cortona, da qui parte a ritroso nella sua vita di bambina vispa e poi donna esuberante. Bellissimo nella sua semplicità il parallelo tra tante scatoline nelle quali si nascondono tutte le persone “normali” nella loro singola eccezionalità le quali devono solo rendersi conto in concreto della propria unicità. Un’incursione nella coscienza di Chiara che può esserlo anche nella coscienza di noi tutti. Un inno alla normalità e il teatro visto come un modo di aprire la “nostra scatolina”.

Donella inizia recitando i primi versi dell’Amleto di Shakespeare “Essere o non Essere”. Il gelo in sala per la paura di dover ascoltare degli impegnativi e lunghi versi del geniale drammaturgo inglese è corretto immediatamente dal suo viso sorridente che ci fissa e dice “Paura vero?” E da lì comincia una cavalcata nella sua vita che ci avvicina a lei e alla sua crescita con incursioni e battute divertenti ma anche tante considerazioni che ne rivelano aspetti nascosti della personalità. Un bel coraggio. Aggiungo che tutto questo è stato recitato a memoria con enfasi sempre appropriate.

Ho assistito poi ad esibizioni di attori “consumati”, piacevoli e preparati frequentatori di palcoscenici, ma, sono sincero, mi hanno colpito di più la freschezza dei “novizi”, magari con qualche errore o incertezza, ma carichi di un entusiasmo puro, di tensione interiore che inevitabilmente hanno trasmesso alla platea.

E sarà forse un caso, ma non credo, che le storie più intriganti siano quelle di tre donne, Roberta, Chiara e Donella che “scavezzacollo” o “vispa” o “faticosa” da bambine/ragazze abbiano saputo poi incanalare la loro energia strabordante, apparentemente eccessiva, nella formazione di personalità interessanti e diverse.

Non posso non citare il pezzo recitato da Azelio. La storia raccontata in prima persona da un toro spagnolo che finalmente, dopo tanti anni di preparazione, entra in un’arena pieno di aspettative ma subisce le terribili angherie e sofferenze che “l’uomo crudele” gli infligge senza pietà per avere il suo misero spettacolo. Ci ha fatto piangere. Anche questa è un’emozione.

Poi entriamo nella sezione “romana” del piccolo e viene presentato un testo in dialetto pieno di quella pacata e apparentemente leggera ironia romana che Mario Bocci interpreta magistralmente strappando applausi a scena aperta. Grande merito all’autore Carlo Lancia che ci ha trasportato nei classici pantagruelici pasti natalizi della famiglia media italiana. Li conosciamo tutti, è indiscutibile e li abbiamo anche praticati.

Lo stesso Carlo ha vinto la paura del palcoscenico trascinandoci in un simpatico monologo che, partendo da una vacanza sull’adriatico ai giorni d’oggi, prevedeva poi ampie incursioni nella mitologia greca e romana con un surreale andare avanti e indietro nel tempo. Effetti esilaranti, battute al fulmicotone e tanta, tanta simpatia.

Aveva vinto talmente bene la timidezza che siamo stati costretti a strapparlo dal palcoscenico. E la sera, davanti a una pizza continuava ancora a recitare.

In definitiva, in una sala stracolma di spettatori interessati, ho avvertito emozione, energia, professionalità, felicità, tristezza; un pomeriggio intellettualmente interessante, ringrazio tutti per le sensazioni che mi hanno regalato e come sempre, da ultimo, ringrazio Cortona.

Fabio Romanello

Commenta