La mia prima gita a Cortona
La mia prima gita a Cortona
La prima volta che vidi Cortona fu nel lontano 1980 quando la mia cara amica Paola mi ospitò nella sua bella tenuta del Torreone. Partimmo da Roma io e lei, in un giorno feriale, avremmo vissuto una “zingarata” negli spacci delle fabbriche toscane, fra stoffe, abiti e cocci, ed i nostri mariti, ci avrebbero raggiunte per il weekend, a cose fatte!
Già dall’autostrada, dopo il tunnel dell’uscita di Chiusi, Paola mi disse: Da qui, nelle giornate senza nebbia, si vede Cortona, vedi quel bianco, è Santa Margherita! Quel giorno si intravedeva, ma io non vidi proprio nulla, indubbiamente non sapevo ancora dove guardare, ma non glielo dissi per non darle un dispiacere. Era tutta contenta di presentarmi la sua città, l’amava così tanto, che la nominava sempre in tutte le nostre conversazioni!
Oggi, dopo quasi trenta anni, ancora ci divertiamo io e mio marito, ad individuare Cortona, dopo quella galleria, è ormai una specie di gioco consolidato nel tempo. Poi dalla superstrada Siena-Perugia la vidi! Era bellissima! Anche da lontano si scorgeva l’uniformità delle costruzioni di pietra antica e cotti delle stesse sfumature, si presentava elegante, sicura e signora.
Non emergevano palazzoni di edilizie moderne, che tanto stonano sugli skyline delle città antiche.
Era alta e posata sul primo colle di un fronte del preappennino. Una città in armonia con le montagne retrostanti, si presentava ordinata nelle sue antiche mura, che la delimitano ancora oggi.
Saggi sono stati gli amministratori, che si sono succeduti nel tempo, che hanno vietato la costruzione di nuovi edifici sui suoi crinali e felice la scelta di far sviluppare un’area industriale nel paese di Camucia. Mi è piaciuta subito! Pensare che fin da piccola andavo a funghi con il mio babbo, sul monte Amiata, essendo di origini di Castel del Piano, proprio di fronte a lei!
Molte cose o persone ti possono abbagliare, ma poi, può accadere che, quando le hai vicino, perdono la loro lucentezza, il loro fascino. Non era il caso di Cortona. Essa mi appariva ancora più bella man mano che ci avvicinavamo.
Si delineavano le zone di verde, i castelli, i palazzi antichi, le chiese, le cupole ed i campanili. Allora non lo sapevo ancora, ma era iniziato per me un passatempo nuovo, quello che avrei svolto tutte le volte che l’avrei scorta dalla Val di Chiana: quello di riconoscere, con il proprio nome, le aree cittadine con le sue costruzioni.
<<Ci sono due strade per salire a Cortona, di solito faccio la direttissima, ma oggi con te percorreremo la panoramica!>> La mia amica mi osservava sorridendomi, doveva aver vissuto tante volte l’innamoramento delle persone per la sua città, tanto da gustarne l’anticipazione!
Infatti non fui da meno di nessun altra persona che tenne a battesimo fino a quel giorno, anch’io rimasi incantata ad ogni tornante scoprendo portali antichi e cancelli, scorgendo casali rustici e dimore signorili, ma il mio primo amore fu per Santa Maria delle Grazie al Calcinaio.
Mi è apparsa tra lo scorcio verde dei cipressi, una grande sagoma a croce latina, in pietra serena logorata dal tempo, con la sua cupola ottagonale imponente, raffinata nel suo disegno, un gioiello rinascimentale che mostrava, già a prima vista, una compiuta sintesi degli studi accademici di quel periodo. Erano perfette le proporzioni geometriche, orizzontali e verticali, dei pieni e dei vuoti, che si esprimevano nella simmetria delle finestre del primo registro, con gli occhi del secondo, senza trascurare l’eleganza nei timpani, delle cornici e delle loro modanature. Era anche un preciso progetto di ingegneria in considerazione del crinale scosceso dove era stata eretta.
Nella mia mente avevo preso un appuntamento segreto con lei, sarei tornata a visitarla per conoscerla.
Santa Maria delle Grazie al Calcinaio rappresentava il più prezioso biglietto da visita che ogni città desidererebbe avere.
Roberta Ramacciotti