Una favola che ha il sapore di un “giallo” che ha le sue radici nel ‘300! …

Una favola che ha il sapore di un “giallo” che ha le sue radici nel ‘300! …

A volte un’artista non famoso, compie un’unica opera, che nel tempo però, risulterà essere l’anello di congiunzione tra due importanti correnti pittoriche.

La prima volta che ero entrata nell’Hotel S. Michele di Cortona nel lontano 1983 avevo pensato di immergermi nelle favole cortesi dove le dame drappeggiate di sete e velluti preziosi, si contendevano la protezione di valorosi cavalieri, che nei tornei esibivano i colori delle loro profumate signore, in verità, allora, di profumi non si poteva proprio  parlare!

L’avevo scelto per la sua posizione centrale nella cittadina e perché rappresentava una bella sede nobiliare toscana.

Camminavo sul cotto antico dei pavimenti e seguendo gli incastri delle mattonelle, venivo trasportata da questo gioco, attraverso sale con i soffitti a volta, ornate da eleganti rivestimenti a cassettoni o da grandi travi antiche. Le pareti erano affrescate da elaborati ornamenti e le finestre celate da ricchi broccati. Ogni porta era decorata o presentava delle importanti mostre in pietra serena secondo la tradizione toscana. Tutto era curato, dal tappeto prezioso al comodo divano e le stanze erano diverse, per raffinatezza di stoffe e scelta di colore.

Un sogno! Al risveglio avevo spalancato gli occhi e come una principessa, avevo consumato la prima colazione in un salone con il cinquecentesco soffitto a cassettoni.

Nel 2009 il proprietario dell’albergo, un abile e competente ristrutturatore di dimore antiche, scoprendomi appassionata d’arte mi fece il dono di presentarmi un pittore.

In verità non lo conobbi di persona, avevamo secoli di differenza d’età e non seppi il suo nome, perché nessuno lo aveva ancora identificato, ma conobbi la sua arte attraverso un affresco presente in quello che doveva essere stata nel passato una cappella del terziere di San Vincenzo.

Il segno lasciato dal pennello di un pittore, ha la riconoscibilità delle impronte digitali, risultano per lo studioso l’immagine fotografica  di una persona, una volta osservata non la dimentichi più.

L’affresco si presentava cupo e scuro perché il tempo lo aveva ricoperto dei fumi delle candele e della polvere degli anni. Inoltre era stato rinvenuto tra due solai ed aveva delle scalfitture per le quali purtroppo non sarebbe potuto emergere nella sua completezza.

Il titolare dell’esercizio mi informò che presto avrebbe sottoposto a restauro l’affresco avendo ricevuto l’autorizzazione  della Soprintendenza di Arezzo e così le buie figure sarebbero uscite allo scoperto.

L’affresco era stato attribuito alla scuola masaccesca, mentre io, guardando gli occhi della Madonna ritratta nell’albergo, riconoscevo lo stesso segno grafico di quelli disegnati da Martino di Bartolomeo, pittore di scuola senese (1389-1434), nella sua Madonna conservata nel Museo Diocesano di Cortona. …Ma io sono solo una semplice studiosa!

Mi ero appassionata alla ricerca dell’autore di quella opera rinvenuta per i restauri conservativi del Resort che datava le sue prime origini già dall’anno 1000.

Negli ultimi mesi, ogni tanto, fantasticavo sul dipinto, sul numero dei personaggi e le pose delle sagome che si erano percepite nella composizione pittorica.

Pensavo alla storia del committente che aveva consacrato con feste, udienze e cerimonie la presenza muta dell’affresco, prima ammirato e poi lasciato nascosto fra le mura!….Che segreti celava?

Avevo la sensazione che l’arte del pittore reclamasse il diritto di rivedere la luce, di essere ristudiata, ammirata ed anche discussa dall’uomo.

Poi nel 2010, mi ritrovavo sorprendentemente di fronte all’affresco restaurato, ero appollaiata in un angolo dell’elegante sala osservavo le figure dipinte, cercavo di fare amicizia con loro, ed attraverso i segni del disegno provavo di ricostruire il D.N.A. dell’autore e quello del Committente. Che vedevo? Datavo il periodo temporale di quelle immagini alla seconda metà del ‘300. Gli anni della Peste Nera.

I suoi colori pastellati catturavano l’occhio per la piacevolezza, erano belle le proporzioni dei personaggi che attraevano per il gusto matematico e per le simbologie in esso presentate. C’erano testimonianze di intrighi politici e tradimenti. In quei tempi, la politica si gestiva anche attraverso la pittura, come oggi si usano  i manifesti pubblicitari!

Al centro, nel punto focale, era situata una Madonna incoronata, dal colorito di un pallore mortale, con un’espressione colma di vuoto, che poneva lo sguardo come accomodato all’infinito.

Al centro dell’affresco rinvenivano solo la fronte “boccoluta” del Sacro Bimbo e frammenti di due grandi pergamene….l’arcano mistero si poteva svelare forse con un Testamento?

La quinta della Madonna era rappresentata da un trono appena accennato, ma che serviva a  giustificare l’esistenza di due panneggi, probabilmente appartenenti a famiglie altolocate di allora. Ella presiedeva la scena contornata dai Santi protettori di Cortona tutti dotati di forti espressività.

Il San Michele Arcangelo fissava con sguardo giovane e puro la protagonista femminile e stringeva tra le dita dell’indice ed il pollice, una piccola serpe verde, forse una vipera simbolo dell’inganno.

Poi aveva accanto Sant’Antonio Abate dalla barba folta e divisa, con il campanaccio ed il Vangelo tra le mani, ritratto vecchio e corrucciato.

Sotto di loro, in un piano prospettico diverso, c’erano una dolce Santa Chiara e dal lato opposto il capo di profilo di San Francesco. La somiglianza  tra i due era tale che sarebbero potuti passare per fratelli, ma in arte questa caratteristica viene riconosciuta come lo “standard grafico dell’autore”.

Alla sinistra della Madonna, era stato dipinto un San Marco dallo sguardo vigile ed un San Giovanni Battista “ingrifato” che fa gli scongiuri con le dita, ed è rappresentato con i capelli dal “pelo rizzato”.

Dunque un intrigo di superstizione e religiosità.

Ma le meraviglie non finivano lì, perché nella cornice del decoro perimetrale erano inserite anche due stelle a sei punte, un porta fortuna o quella di Davide? Affascinante la coabitazione della religione cristiana con quella ebraica. E poi, fuori cornice erano dipinti un giglio fiorentino e la testa di un’aquila, la firma del committente?

Era giusto ed onesto dare un nome a quel capace pittore, anche se pensavo fossero due per i diversi stili grafici di raffigurare i visi e le mani. Mi accorgevo che le tematiche trattate, erano delicate e sicuramente molte persone, avrebbero temuto uno studio inusuale di questi soggetti.

Da quel momento non ho riconosciuto più la notte dal giorno. Ho letto chilometri di righi di enciclopedie, la mia ricerca ha navigato in internet fino all’università di Toronto che aveva pubblicato frammenti di antichi libri del 300 …. Studiavo un affresco originale dove le tradizioni più popolari si intrecciavano con le più sofisticate ed intricate culture.

Vedevo una Cortona divisa in terzieri, combattuta nelle lotte tra guelfi e ghibellini dove però, indiscussa, vinceva la Peste Nera.

Studiando le Vite del Vasari avevo individuato presenze all’epoca di Pietro Lorenzetti e del leggendario Berna Sanese: “ … nella città di Cortona ancora dipinse, oltre a molte altre cose sparse in più luoghi in quella città, la maggior parte delle volte e delle facciate della chiesa Santa Margherita …” ora in parte coperte da quelle della nuova cattedrale … rimangono i 21 disegni acquarellati nella Biblioteca Comunale ed i pochi frammenti del Lorenzetti conservati nel Museo Diocesano di Cortona e chissà cosa altro ancora …

E poi ci sono i bellissimi affreschi dell’irriverente Iacopo Salimbeni della Chiesa di San Francesco che presentano analogie simboliche … ma sono tardo gotico! … il pittore Di Nerio e famiglia, Spinello l’Aretino e non sottovaluto certo l’attribuzione alla scuola masaccesca.  Di certo non sono Rinascimentali!

Personalmente e d’istinto mi piacerebbe attribuire l’affresco al Lorenzetti e bottega, morto di peste, che ebbe l’incarico di affrescare la vecchia Chiesa trecentesca di Santa Margherita. Aspetterò con curiosità il risultato delle ricerche di ben più autorevoli esperti.

La mia indagine però proseguirà con il piacere che si prova nel leggere un bellissimo romanzo di uno spaccato della storia cortonese.

Ringrazio la dott.ssa Jane Donnini della Soprintendenza  di Arezzo con la quale condivido l’amore per l’arte, preziosa per avermi aiutata nella ricerca di foto riguardanti affreschi dell’epoca da me evidenziata, dislocati in diverse località della Provincia di Arezzo e le Sigg. Luciana Bernardini e Beatrice Cenci,  restauratrici dell’affresco che mi hanno aiutato a risolvere alcuni dubbi.

Ma questo piccolo e modesto studio mi ha sensibilizzato sul lavoro silenzioso e sapiente del critico d’arte, fatto di rispetto per la storia vissuta da uomini che ora non possono più difendere le loro idee.

Ed ora non ci resta che pernottare nella superba stanza nell’Hotel San Michele di Cortona e … sogni d’oro!

Roberta Ramacciotti

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